Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende affrontare in maniera sistematica la prima e più importante esigenza della famiglia: quella di esistere.
      L'obiettivo principale è infatti quello di incentivare la natalità attraverso una serie di strumenti che intervengano nella fascia di età più delicata del bambino (fino al compimento del terzo anno di età), delicata in termini educativi e di richieste di attenzioni e di cure, nonché per la maggiore difficoltà nella conciliazione delle esigenze familiari con quelle lavorative.
      Questa impostazione è stata modulata analogamente a quella che ha ispirato in Francia il Pacchetto famiglia, il cosiddetto «PAJE» (Prestazione di accoglienza del bambino piccolo).
      L'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 definisce la famiglia nucleo fondamentale della società e dello Stato e come tale deve essere riconosciuta e protetta.
      Il combinato disposto degli articoli della Costituzione 29 [«(...) famiglia società naturale fondata sul matrimonio»], 30 [«È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio (...). La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale (...)»] e 31 [«La Repubblica agevola con misure e altre provvidenze la formazione della famiglia (...) con particolare riguardo alle famiglie numerose»] enuncia in modo

 

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inequivocabile il regime preferenziale della famiglia quale nucleo fondamentale della società.
      Secondo i lavori preparatori dell'Assemblea costituente, l'aggettivo «naturale» di cui all'articolo 29 della Costituzione sta a indicare che la famiglia non è un'istituzione creata dalla legge, ma una struttura di diritto naturale, legata alla natura umana come tale e preesistente rispetto all'organizzazione statale.
      La stessa giurisprudenza costituzionale ha più volte rimarcato la netta distinzione tra la famiglia fondata sul matrimonio e la convivenza more uxorio.
      I diritti individuali che derivano dall'istituzione matrimoniale non possono essere considerati diritti individuali assoluti, ma diritti individuali derivati e subordinati alla condizione di essere sposati.
      In Italia la Costituzione ha operato una scelta assai chiara tra la famiglia fondata sul matrimonio, espressamente riconosciuta dagli articoli 29 e seguenti, e altre forme di rapporto fra le persone. Tuttavia, nel nostro Paese il numero dei matrimoni risulta essere in forte diminuzione: a partire dalla fine degli anni ottanta in cui si è raggiunto il numero più elevato di unioni matrimoniali, 312.272 nel 1989, si sono registrati sempre meno eventi tanto che nel 2002 i matrimoni celebrati sono stati pari a 265.635. Ci si sposa meno, ma anche più tardi. I giovani rimangono ormai per un tempo sempre maggiore a casa dei genitori, le cause sono molteplici e infatti, non sempre, si tratta di una scelta.
      Il «Rapporto Italia 2005 Eurispes» ha confermato questo dato di tendenza, che diviene dunque un fenomeno sociale su cui tanto riflettere.
      Il fenomeno della cosiddetta «posticipazione»: tutto il ciclo di vita individuale si è infatti progressivamente spostato in avanti, con la conseguenza di aver determinato un inevitabile allungamento dei tempi che cadenzano gli eventi decisivi della vita del singolo. Si lascia più tardi la famiglia di origine, ci si sposa più tardi, si hanno figli più tardi.
      L'età media di chi mette al mondo il primo figlio è aumentata di circa tre anni in un ventennio e si assesta ormai sui trent'anni nelle ultime generazioni.
      La piaga della denatalità affligge il nostro Paese. L'invecchiamento della popolazione dipende non solo dall'allungamento della vita, ma anche dal crollo del tasso di fecondità verificatosi dalla metà degli anni settanta. Si è infatti registrato un decremento del numero medio di figli per donna da livelli prossimi all'equilibrio demografico (2,1) fino ad un valore minimo di 1,18 nel 1995. Dalla metà degli anni novanta la fecondità si è mantenuta stazionaria intorno a un valore di 1,2 figli per donna. L'Italia è oggi al penultimo posto in Europa per crescita demografica, appena davanti alla Spagna, mentre è ai primi posti come aumento della speranza di vita.
      Un'Italia, quindi, da una parte sempre più vecchia e dall'altra paradossalmente affetta dal mito «dell'eterna giovinezza» di Faust.
      Infatti in un mondo nel quale tutti in qualche modo si sentono giovani e la giovinezza si «istituzionalizza», a farne le spese sono proprio coloro che anagraficamente rientrano nei canoni oggettivi dell'essere giovani.
      Se non interveniamo in modo urgente saremo condannati a un destino di precarietà dove l'incertezza e l'instabilità caratterizzeranno la nostra esistenza. Il nobile desiderio dei giovani di voler contribuire al bene comune in piena autonomia e indipendenza sposandosi e mettendo al mondo dei figli si infrange dinnanzi a problematiche di difficilissima soluzione.
      Dobbiamo prendere esempio dalle politiche messe in atto in questi anni in altri Paesi europei; tra tutti la Francia, che in pochi anni è riuscita ad invertire il trend demografico negativo grazie a interventi mirati a considerare la famiglia parte integrante dello Stato al centro di una politica di sicurezza sociale. Le politiche per la famiglia in Francia hanno avuto come obiettivo la ridistribuzione sia orizzontalmente che verticalmente del reddito per compensare i costi dovuti alla crescita dei figli. Nel sistema francese, infatti, le famiglie con più di un figlio ricevono
 

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contributi per la crescita dei figli e quelle con reddito più basso possono beneficiare anche di altre forme di sostegno, come contributi per l'alloggio, per i libri scolastici e addirittura per le vacanze. Importantissimo inoltre il citato PAJE che prevede un contributo economico a favore della prima infanzia sin dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del terzo anno di età.
      La famiglia, nonostante in questi ultimi anni abbia subìto gli attacchi di una politica tesa alla sua disgregazione, rappresenta sostanzialmente ancora il pilastro su cui si fondano le comunità locali, il sistema educativo, le strutture di produzione di reddito, il contenimento delle forme di disagio sociale.
      Per rilanciare la famiglia tradizionale è necessario quindi mettere in campo nuovi strumenti a sostegno delle responsabilità familiari e, soprattutto, misure che ne definiscano in modo coerente il suo carattere di soggetto attivo, titolare di diritti e doveri.
      È doveroso garantire il diritto di ogni persona a formare una famiglia o a essere inserita in una comunità familiare, sostenere il diritto delle famiglie al libero svolgimento delle loro funzioni sociali, riconoscere l'altissima rilevanza sociale e personale della maternità e della paternità, sostenere in modo più adeguato la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura e di educazione dei figli, promuovere e valorizzare la famiglia come struttura sociale primaria di fondamentale interesse pubblico.
      Oggi si privilegia uno stile di vita ispirato dall'idea della consumabilità e della sostituibilità che fa sì che in realtà si pensi che una scelta non sia mai definitiva.
      Rispettare la libera scelta di due persone che decidono di vivere insieme e di condividere una vera e propria unione e comunione di intenti è in un'ottica laica ovviamente un principio inviolabile. Ma è pur vero che ogni libera scelta è condizionata da un'assunzione di responsabilità. La linea indicata dalla Costituzione è chiara; o si costituisce un matrimonio, e si entra nella sfera delle relazioni socialmente riconosciute, o si rimane nel privato, che lo Stato deve rispettare ma non riconoscere.
      Gli italiani, se interrogati sul numero ideale dei figli, la pensano come i francesi, gli svedesi o i tedeschi. Ma quando poi si passa dai desideri alla realtà la condizione italiana precipita rispetto a quella di gran parte dell'Europa. I motivi sono noti e di facile individuazione: la situazione economica, l'esistenza o meno di adeguati servizi sociali, i tempi della vita familiare e di quella professionale, la qualità del sistema educativo, la disponibilità di alloggi adeguati ai livelli di reddito delle giovani generazioni.
      Investire nelle politiche familiari significa pertanto investire sulla qualità della struttura sociale e, di conseguenza, sul futuro stesso della nostra società.
      Tali interventi richiederanno un sforzo economico rilevante ma dovuto poiché prioritario.
      Uno dei cardini principali della politica della Lega Nord è la protezione, valorizzazione e sviluppo dei nuclei familiari, come istituzione base irrinunciabile per garantire la salvaguardia dei princìpi e dei valori necessari per l'educazione dei figli.
      In tale senso la presente proposta di legge intende conferire piena attuazione all'articolo 31 della Costituzione, il quale sancisce che «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze economiche la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi (...)».
      È triste ammetterlo, ma tale principio fondamentale sancito dalla Carta costituzionale non ha mai trovato un'appropriata attuazione.
      Ogni efficace politica di sostegno alla famiglia non può tuttavia prescindere da strumenti fiscali mirati e graduati. In Italia il sistema fiscale sembra ancora ritenere che la capacità contributiva delle famiglie non sia influenzata dalla presenza di figli e dall'eventuale scelta di uno dei due coniugi di dedicare parte del proprio tempo a curare, crescere ed educare i figli, mentre di norma in Europa a parità di reddito la differenza tra chi ha e chi non ha figli a carico è consistente. Basti pensare
 

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che la differenza di imposta diretta su un reddito nominale di 30.000 euro per una famiglia con due figli e una coppia senza figli era nel 2001 di oltre 3.000 euro in Francia, di oltre 6.000 euro in Germania e di appena 500 euro nel nostro Paese.
      Considerata l'esigenza di una maggiore equità orizzontale, siamo persuasi che l'introduzione di un nuovo sistema fiscale che indichi nella famiglia e non più nell'individuo l'unità impositiva delle imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) segnerebbe una sostanziale inversione di rotta per il sistema fiscale italiano.
      Avviandoci alle conclusioni è importante soffermarsi su un ultimo punto di strategica importanza che questa proposta di legge intende affrontare, ossia la riforma dei consultori familiari.
      Sono passati trent'anni da quando è entrata in vigore la legge quadro n. 405 del 1975, con la quale furono istituiti i consultori familiari. Nati sotto l'influenza del dibattito sulle rivendicazioni per l'emancipazione della donna che ha caratterizzato gli anni settanta, esse hanno imposto all'attenzione dell'opinione pubblica la necessità di un luogo di dialogo e di informazione sulla sessualità, sulla procreazione e sulla contraccezione. Nelle intenzioni del legislatore, le attività consultoriali avrebbero dovuto offrire un vasto programma di consulenza e un servizio globale alla donna, alle coppie e ai nuclei familiari in tutti quei settori tematici legati alla coppia e alle problematiche coniugali e genitoriali, ai rapporti e ai legami interpersonali e familiari, alla procreazione responsabile. Pur ponendo l'accento sul valore storico che hanno rappresentato per la nostra società, è doveroso riconsiderare il lavoro svolto e l'attuale ruolo dei consultori familiari nel nostro Paese, alla luce anche dei notevoli cambiamenti sopravvenuti nell'attuale contesto socio-culturale.
      Il consultorio ha inoltre assunto in questi anni, anche a seguito della riforma sanitaria, di cui alla legge n. 833 del 1978, e successive modificazioni, la struttura di servizio marcatamente sanitario, in cui si sono privilegiati gli interventi di tipo ginecologico e pediatrico a discapito della vocazione di ispirazione sociale. I consultori familiari devono quindi qualificarsi sempre di più, evitando una rigida settorializzazione e riduzione al pur importante ma non esclusivo ambito sanitario di competenza. Per rispondere a queste problematiche è necessario che all'interno del consultorio si rafforzino interventi di tipo sociale, psicologico e di consulenza giuridica che nella loro interazione continua possano costituire un valido riferimento per la donna e per la famiglia.
      Uno degli obiettivi principali che si intende perseguire con l'approvazione della presente proposta di legge è quello di dare realizzazione a princìpi di sostegno all'istituzione familiare e alla genitorialità che attraversano oggi un momento di crisi profonda. In questi anni, infatti, sono emerse, nell'ambito delle tematiche che si trova ad affrontare il consultorio, problematiche e patologie nuove e sempre più gravi che richiedono iniziative, interventi e prestazioni professionali altamente qualificati e specializzati e che solo se svolti in équipe offrono alla persona una risposta esaustiva.
      In tutta la loro gravità si presentano oggi i casi di pedofilia, abuso e violenza sessuale; i genitori evidenziano maggiori difficoltà nell'assolvimento delle competenze di cura e di educazione dei figli, le conflittualità intraconiugali e intrafamiliari sfociano in sofferti procedimenti di separazione e di divorzio, sono sempre più evidenti gli episodi di maltrattamento e di violenza intrafamiliare; il disagio preadolescenziale e giovanile rappresenta una costante emergenza, poiché oltre alle problematiche e alle patologie di salute mentale, di tossicodipendenza, nonché di dipendenza in senso lato, sono emerse problematiche connesse con l'alimentazione (obesità, bulimia e anoressia).
      In Italia due bambini al giorno vengono fatti oggetto di abusi sessuali, negli ultimi anni le violenze sui minori sono cresciute di oltre il 90 per cento, i casi di pedofilia nel nostro Paese sono 21.000 all'anno e 50.000 i siti a sfondo pedofilo stimati che possono essere contattati su internet. Questi
 

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dati, anche se vanno considerati per difetto perché, come è ovvio, molti casi sfuggono alle statistiche, mostrano uno scenario quantomeno allarmante. Vi è, poi, un altro aspetto che non va trascurato in tema di salvaguardia dei diritti dei minori, della difesa della vita e della dignità della donna che la presente proposta di legge intende affrontare, ossia quello legato alla crescita esponenziale dei casi di abbandono di neonati nei giardini o nei cassonetti per i rifiuti, destinati, quindi, a morte, quasi sicura. La proposta di legge in esame prevede, infatti, che i consultori siano tenuti alla promozione di campagne informative preventive sulla possibilità, riconosciuta per legge dal comma 1 dell'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, che stabilisce che nel nostro Paese si può partorire in forma anonima e assistita, garantendo in questo modo alla donna e al bambino le migliori opportunità di sopravvivenza nel rispetto di una libera decisione. Si rende urgente, dunque, e non più procrastinabile una riforma dei consultori familiari che dimostri nei fatti una particolare attenzione e sensibilità ai diritti dei minori e della famiglia, e fortemente impegnata nella tutela sociale della genitorialità e del concepito.
      Di qui l'intendimento, perseguito con la presente proposta di legge, di garantire il ruolo partecipativo delle famiglie e delle organizzazioni di volontariato a difesa della vita per l'espletamento delle attività consultoriali. Si intende, dunque, dare nuova linfa vitale a ciò che già era ben esplicitato nelle intenzioni del legislatore che nel 1975 aveva emanato la legge n. 405 (ovvero l'assistenza alla famiglia, l'educazione alla maternità e alla paternità responsabili, l'educazione per l'armonico sviluppo fisico e psichico dei figli e per la realizzazione della vita familiare), ma che nei fatti è stato residualmente attuato, complice anche la talora mera funzioneburocratica dei consultori, ridotti, troppo spesso, a pura assistenza sanitaria, deboli di quelle necessarie sensibilità e competenza su problematiche sociali per i quali furono istituiti.
      Nei consultori, a nostro avviso, non sempre viene pienamente attuato il diritto della donna di ricevere valide alternative all'aborto, c'è chi sostiene che sarebbe un'ingerenza nella scelta della donna, eppure proprio secondo quanto stabilito dagli articoli 2 e 5 della legge n. 194 del 1978, l'assistenza da dare alla donna in gravidanza deve essere attuata con l'informazione sui diritti spettanti alla gestante, sui servizi sociali, sanitari e assistenziali a lei riservati, sulla protezione che il mondo del lavoro deve assicurare a tutela della gestante. Oltre ai diversi nuovi interventi che sono stati descritti, tra gli scopi che spetteranno alle strutture dei consultori familiari vi sarà anche quello dell'informazione medica finalizzata alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, delle patologie e delle situazioni di disagio che incidono sulla vita sessuale.
      In conclusione, alcune innovazioni normative di pregio si sostanziano in una introduzione a pieno titolo nelle attività consultoriali di medici obiettori di coscienza, nella formalizzazione di un percorso individualizzato per quelle donne che proseguono la gravidanza e nell'assistenza psicologica ed emotiva alle donne durante i sette giorni di periodo di riflessione precedente l'interruzione volontaria della gravidanza. Oltre a ciò, si prevede la formalizzazione della presenza delle associazioni a favore della vita e l'attività di vigilanza delle regioni sul rispetto del percorso indicato dalla citata legge n. 194 del 1978. Nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, tenendo conto anche del ruolo che dovrà svolgere il privato sociale, la presente proposta di legge è diretta a predisporre un'adeguata cornice per le iniziative regionali, che definisca i livelli essenziali e qualitativi che devono essere offerti su tutto il territorio nazionale.
      In sintesi la proposta di legge in esame intende:

          a) sostenere la famiglia quale nucleo fondamentale della società;

 

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          b) incentivare la natalità attraverso strumenti di sostegno economici;

          c) affermare il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale e il riconoscimento del ruolo di rappresentanza delle associazioni familiari;

          d) riconoscere il concepito quale componente a tutti gli effetti della famiglia;

          e) assicurare libertà di scelta alle famiglie nell'individuazione dei servizi per la prima infanzia e per tutti gli altri beni e servizi necessari alla cura e all'assistenza dei figli minori;

          f) introdurre un sistema fiscale basato sul quoziente familiare;

          g) riformare i consultori familiari al fine di dimostrare nei fatti una particolare attenzione e sensibilità ai diritti dei minori e della famiglia tutelando il valore sociale della genitorialità e del concepito.

 

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